I nostri fratelli della fraternità di Pisa vogliono raccontarci come hanno vissuto i giorni precedenti alla loro promessa e al loro capitolo, sentiamo che hanno da dire:
dal diario di Bordo del vascello chiamato Gifra di Pisa
Venerdì 18 novembre: giorno 1
La gifra di Pisa ha lasciato le proprie acque territoriali per salpare verso il convento di San Romano dove la attendeva il ritiro delle promesse 2016. I momenti iniziali della navigazione sono stati guidati a distanza tramite comunicazioni radio dal capitan Francesco Guacci, presidente.
Durante la traversata, la ciurma è stata travolta da una violenta tempesta che ha aumentato la difficoltà dell’attracco in convento. Fortunatamente delle scialuppe di salvataggio sono venute in suo soccorso e l’hanno trasportata dalla stazione agli alloggi. La ciurma si è preparata all’arrembaggio e si è impadronita delle varie cabine.
Dopo la preghiera dei vespri, i marinai hanno cenato. Il presidente ha presentato il tema del ritiro: da Francesco a Dio. La ciurma infatti ha il santo come esempio di vita, e guardando lui riesce ad arrivare a Dio, la vera meta. Successivamente si è animata la serata con dei giochi a squadre per vivere momenti divertenti di fraternità.
Sabato 19 novembre: giorno 2
Sotto gli ordini del capitano, la ciurma si è svegliata ed ha affidato la propria giornata al Signore con le lodi. Dopo la colazione si è messa in ascolto della catechesi di fra Alessandro, centrata sul brano del Vangelo di Luca 16,13 “Nessun servitore può servire due padroni: perché, o amerà l’uno e odierà l’altro; oppure preferirà il primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire Dio e il denaro”.
Ognuno di noi ha una specie di conto in banca che cerca di incrementare attraverso la gratificazione, vantaggi personali, ecc. Siamo però chiamati a scegliere chi voler servire: noi stessi o Dio. Attraverso il servizio possiamo puntare ad aumentare il nostro conto corrente e ci limiteremmo solo ad azioni che ci portano vantaggi, questo pone se stessi come priorità. Oppure viverlo come pura offerta a Dio.
A seguito della catechesi i marinai hanno avuto un tempo personale per riflettere sulla domanda “quale padrone sto servendo? e quale padrone voglio servire?”. Trovate le risposte si è avuta l’opportunità di potersi riappacificare con Dio e con i fratelli per tutte quelle volte che ciascuno aveva scelto se stesso piuttosto che loro. E’ stato un bel momento di chiarezza, illuminante, ed ha permesso di ripartire come veri figli e fratelli nella famiglia chiamata Chiesa.
Nel pomeriggio ciascun componente della ciurma ha potuto condividere il proprio stato d’animo su come arrivava alla promessa.
La sottoscritta, marinaia Stefania, è arrivata alla sua terza promessa, piena di dubbi e incertezze. Ultimamente infatti sentivo molto poco la fraternità. Non riuscivo a percepire le persone che mi stavano accanto come fratelli e sorelle. Questa enorme mancanza non mi permetteva di scegliere di fare la promessa serena, visto che per me è un aspetto molto importante della Gioventù Francescana. Razionalmente non riuscivo a buttarmi in questa cosa. Confrontandomi con parte del consiglio e della fraternità, però emergeva sempre di più il mio desiderio di riuscire a vivere l’essere una fraternità. Con grande difficoltà ho abbandonato l’attaccamento al mio lato più “scientifico” e ho deciso di scommetterci su! Nella vita se non si rischia un po’ non si arriva da nessuna parte. Per camminare, fare passi avanti, c’è sempre quell’attimo in cui si è in bilico, bisogna staccare un piede da terra e avanzare. Io ho deciso di provarci, ho deciso di scommetterci, sicura che affidando tutto al Signore e anche ai fratelli ci sarei riuscita. Vivere la quotidianità con una fraternità alle spalle che mi sostiene e sulla quale posso sempre contare, nella mia vita fa la differenza; per loro vale la pena scommettere e uscire dai miei schemi pur sapendo di rischiare.
Anche io, marinaia Laura, sono arrivata alla mia prima promessa con molti dubbi. Sinceramente ho vissuto il mio primo anno alla Gifra un po’ dall’esterno a causa della mia natura un po’ diffidente nel buttarsi e nel lasciarsi coinvolgere appieno nelle nuove avventure. Quindi più che altro mi sono limitata a osservare la fraternità e non mi sentivo pienamente una gifrina. Tuttavia mentre stavo pensando se promettere o meno mi sono accorta che vedevo nella Gifra una bellezza che non sapevo descrivere. Cosi alla fine è sorto il desiderio di provare a essere partecipe di questa bellezza e non essere solo una spettatrice. Ho deciso dunque di provare a mettermi in gioco, di vincere la mia diffidenza e quindi di promettere, di dire il mio “eccomi”.
Concluso il momento con la preghiera dei vespri, e dopo un’abbondante rifocillata, siamo stati raggiunti dalla ciurma della Gifra di San Romano e insieme abbiamo vissuto un momento di preghiera davanti al tabernacolo. Abbiamo alternato canti con letture della Bibbia o delle Fonti sempre centrate sul servizio. Infine ad ognuno di noi è stato donato un pezzo di stoffa come simbolo del grembiule utilizzato da Gesù nella lavanda dei piedi. Quando facciamo servizio siamo chiamati ad “indossare” un grembiule che si può anche sporcare o strappare se necessario. Il servizio vero infatti non ci lascia nulla di materiale, ma “solo” il profumo di Lui: infatti ogni pezzo di stoffa era cosparso di Nardo. Questo momento di preghiera si è concluso con l’affidamento delle promesse e del capitolo al Signore affinchè ci accompagnasse in questa tappa molto importante per la nostra fraternità.
Come ogni ciurma che si rispetti, abbiamo concluso la serata in sottocoperta in compagnia di birra, patatine, snack salati, e altri intrugli pirateschi.
Domenica 20 novembre: giorno 3
Con gli ordini del capitano, abbiamo fatto le lodi e sistemato la nave che ci ha ospitato nel week end. Come ciurma siamo ritornati sul nostro vascello e abbiamo preso il largo in direzione Pisa.
Attraccati nel porto di Santa Croce in Fossabanda, abbiamo atteso la celebrazione eucaristica delle 12:00 nella quale ci sono state le professioni dell’ofs e le promesse di 24 gifrini.
Pieni di emozione, attesa, paura, dubbi e tanta felicità abbiamo letto i quattro punti della promessa impegnandoci a viverli concretamente nella nostra vita per il prossimo anno. Ognuno è divenuto punto di forza per gli altri, in quel momento come fraternità davanti al Signore gli abbiamo affidato la nostra parte più umana, consci e fiduciosi del suo sostegno.
Dopo un momento di festa e cibo, la nostra ciurma si è riunita e preparata, con alcuni membri del consiglio regionale a vivere il capitolo. Le letture delle relazioni dei vari consiglieri uscenti ci hanno fatto rivivere ricordi dei due anni passati. A seguire sono iniziate le votazioni e le emozioni erano palpabili.
È stata idea del presidente stesso farci vivere il ritiro come se fossimo una ciurma di un vascello che era chiamata a tornare in porto per attraccare. Anche se all’inizio gli ordini erano stati dati a distanza, la ciurma è riuscita bene a continuare il proprio cammino iniziando uniti il ritiro. Il capitano infatti è colui che decide la rotta, ma la ciurma manovra realmente il timone.
Ogni grande vascello cambia a volte il capitano. Lui fino all’ultimo, con gli altri consiglieri ha accompagnato con affetto le manovre della nave, consegnandola al nuovo consiglio già pronta per ripartire. Ciascun consiglio regala vele nuove e grandi ambizioni alla propria ciurma permettendole di solcare con entusiasmo nuovi mari e affrontare nuove avventure.
Un grazie per primo a tutta la fraternità: solo una ciurma unita può far navigare una nave a gonfie vele.
Un grazie al “vecchio” capitano e al suo consiglio, per averci accompagnato e guidato in questi due avventurosi anni.
Un grazie e buon servizio al nuovo capitano e consiglio che proprio in questi giorni stanno progettando le nuove rotte da seguire.
Laura e Stefania